Roberto Magris ed il jazz: un talento italiano da conoscere assolutamente!
Musicista dalle strabilianti doti musicali, Roberto Magris è senza dubbio uno dei ‘mostri sacri’ del jazz italiano. Di origini triestine, il pianista e compositore viene infatti considerato, dalla critica mondiale il vero orgoglio dell’espressione jazzistica italiana. C’è da dire, però, che non sono molti coloro che sanno dell’esistenza di questo talento naturale che tutto il mondo ci invidia. Magris lavora molto all’estero e paradossalmente è più conosciuto fuori dall’Italia che nel nostro Paese.
Ma cos’è accaduto, come si è arrivati a conoscere questo grande talento che fa dell’umiltà il suo tratto distintivo? Capita che, navigando sul web scopri artisti di cui non hai sentito parlare o che ti sono stati segnalati da altri. Molto spesso, come nel caso di questo spettacolare artista, si tratta di veri fenomeni di razza, proprio com’è accaduto con Roberto Magris. Dal vasto mondo di internet, passi ad ascoltare qualcosa su youtube e lì, notando quella enorme bravura ed una notevolissima padronanza dello strumento, resti senza fiato. Ho ascoltato con grande devozione i suoi due ultimi lavori (The MHU Trio – Prague After Dark ed il Roberto Magris Sextet Live in Miami).
Questo enorme musicista e tutto quello che esprime, fa viaggiare davvero trasmettendo qualcosa di sublime. È come se stessi ascoltando Chick Corea o Keith Jarret … jazzisti che riescono a dare moltissimo all’ascoltatore.
Vero è che oggi il mondo jazzistico risulta essere molto vicino a quello statunitense, davvero immenso … ti rendi conto di stare lì ad ascoltarne le mille sfaccettature, le migliaia di sfumature ed in mezzo, immensi numeri che rientrano nel virtuosismo ed il tutto tra le luci della Chicago da bere.
Roberto Magris, italo-americano per musica, ha una sua discografia che non dovrebbe mancare a nessuno e quindi essere presente tra le composizioni hit del jazz.
Le poche volte in Italia
Già, perché Magris rarissimamente si è esibito in Italia. Un po’ come accade per la famosa fuga di cervelli che trovano la gloria in altre Nazioni e non in Italia. Una storia che il pianista triestino racconterà di persona. Il genio del pianoforte non si reputa fenomeno ma semplicemente un buon pianista jazz di livello internazionale. Uno che è riuscito ad affermarsi, a livello di critica, anche negli ‘States’ dove oggi è considerato uno tra i pianisti più interessanti sulla scena del jazz.
«Ringrazio e cerco di fare del mio meglio per confermare quel che sono riuscito ad ottenere di buono e di non deludere le aspettative di chi mi segue. La concorrenza è ovviamente immensa ed il concetto di jazz si sta quotidianamente allargando, comprendendo sempre più cose che si trasformano in una musica globale sempre più sorprendente. Io cerco di essere fedele alla mia linea, in onestà intellettuale ed artistica, e sono molto contento di vedere risultati positivi e di continuare sempre ed ancora in un percorso di crescita.»
Musicista jazz, compositore ed arrangiatore di fama internazionale, Roberto Magris inizia la sua carriera musicale alla fine degli anni settanta mettendo insieme oltre 30 album a suo nome. Tiene concerti e tourneè in 41 paesi, suonando in Europa, America, Asia, Africa ed Australia, prendendo parte ai principali festival jazz, teatri e jazz club del mondo. Negli Stati Uniti ed in Europa, Magris ha suonato ed inciso con musicisti famosi come Art Davis (bassista di John Coltrane), Herb Geller, Albert “Tootie” Heath, Idris Muhammad, Sam Reed, Brian Lynch, Mark Colby, Chuck Bergeron, Tony Lakatos, Philip Catherine, Franco Ambrosetti.
Nel corso della sua carriera, inoltre ha diretto diversi gruppi musicali, tra cui il Gruppo Jazz Marca, il Roberto Magris Trio /Quartet/ Quintet /Europlane, i Dma Urban Jazz Funk, gli Alfabeats Nu Jazz e l’Europlane Orchestra (orchestra jazz dei paesi centro-europei sotto il patrocinio dell’INCE-Central EuropeanInitiative) incidendo tre album per la prestigiosa etichetta Jazz Soulnote.
«Da giovane, agli inizi, ero attratto dal sound di pianisti come Oscar Peterson e Bobby Timmons, poi sono passato ai pianisti del bebop, come Bud Powell e Thelonious Monk, a Bill Evans ed a McCoy Tyner, pianista di John Coltrane, che reputo il padre di tutti i pianisti jazz moderni. Ma la mia fonte di ispirazione, più in generale, sono stati i grandi maestri che ormai appartengono alla tradizione del jazz, come Duke Ellington, Charlie Parker, Charles Mingus, Horace Silver, i Jazz Messengers di Art Blakey, John Coltrane ed Ornette Coleman. Oggi, ritengo di non avere specifiche influenze (o meglio, le ho praticamente tutte…) e non ho particolari musicisti di riferimento. A 59 anni, di cui 40 spesi a suonare il jazz in tutto il mondo, e con tanti di album alle spalle, suono semplicemente la musica che mi piace e che sento mia, sia che si tratti di guardare indietro per trovare ancora qualcosa di interessante nella tradizione, sia che si tratti di proporre una musica in sintonia con l’oggi e che magari possa tendere a qualche nuova direzione in chiave di futuro per il jazz. A quattro anni i miei genitori mi fecero iniziare a studiare la musica classica, scoprendo ben presto che avevo il dono dell’orecchio assoluto. Ho continuato con la classica fino a metà liceo quando ho scoperto il jazz con un disco di Oscar Peterson ed ho ‘saltato il fosso’. Da quel momento, mi sono dedicato esclusivamente a studiare e suonare il jazz … inizialmente assieme a musicisti del Veneto e poi con alcuni musicisti dei paesi centroeuropei, geograficamente vicini alla mia città. La mia attività si è sempre più allargata a livello europeo e poi internazionale – posso dire di aver suonato in più di 40 paesi, in tutti i continenti – ed infine mi sono inserito negli USA, frequentando dapprima la scena jazz di Los Angeles, poi quella di Kansas City, e negli ultimi anni quelle di Miami e di Chicago. Negli Usa da alcuni anni sono direttore musicale dell’etichetta JMood di Kansas City, per la quale ho inciso quindici Cd (che penso sia un record per un musicista jazz italiano). Mi è stata anche conferita le cittadinanza onoraria di Kansas City, per meriti jazzistico-musicali. Dimenticavo, alla fine degli anni ’90 ho fondato e diretto per alcuni anni l’Europlane Orchestra, l’orchestra jazz dei paesi centro-europei, patrocinata dalle istituzioni europee, e per quasi un decennio ho diretto anche due gruppi “alternativi” di acid e nu jazz, divertendomi anche a suonare l’organo Hammond.»
Magris ha inoltre anche collaborato come solista, compositore ed arrangiatore con orchestre e big band e, per quanto concerne la sua attuale attività a livello europeo, suona ed incide con il suo trio (il MUH Trio) che sarebbe l’acronimo di Magris-Uhlir-Helesic Trio – che ha come sede e base di partenza la città di Praga, nella Repubblica Ceca, e di cui fanno parte appunto due musicisti Cechi.
Si, ma resta il fatto che Magris è stato, sino ad oggi, assente dai palcoscenici italiani. Come privare l’Italia ed il popolo del jazz italiano della sua musica? Come mai tende ad esprimerti fuori dall’Italia … anziché considerare l’ipotesi di fare un tour che possa comprendere concerti in Italia?
«Essendo nato e vivendo io a Trieste, per collocazione geografica e retaggio culturale mi è venuto più facile e naturale orientarmi verso il centro Europa piuttosto che verso Milano o Roma (le capitali del jazz in Italia) e, di conseguenza, i miei contatti e relazioni musicali e professionali con il mondo del jazz italiano sono sempre stati sostanzialmente quelli di un “outsider”. Infatti, il cosiddetto mondo del jazz italiano mi ha sempre considerato un “outsider”, non essendo io un suo “prodotto”diretto, e poi ci sono certe dinamiche di cointeressenza tra musicisti, promoter e giornalisti che in Italia sono particolarmente marcate, nelle quali non mi sono mai lasciato coinvolgere. Come conseguenza, credo, la mia frequentazione del jazz italiano è stata piuttosto episodica, anche se devo comunque sottolineare che ho suonato pure in Italia a diversi festival, ho avuto alcuni gruppi e collaborazioni anche con musicisti italiani ed ho diversi amici ed estimatori anche tra la critica jazz del nostro paese. Per cui, non c’è niente di nascosto o negativo. Semplicemente fin dall’inizio mi sono inserito più a livello europeo che italiano, ed oggi sono soprattutto focalizzato sulla mia attività negli USA e, in Europa, con il mio MUH trio, con il quale ho recentemente suonato in Germania, Austria, Svizzera, Rep. Ceca e Slovacchia. Certo, mi piacerebbe molto poter suonare più regolarmente anche in Italia e quando qualcuno me lo propone, accetto sempre con molto piacere. Sicuramente arriverà prima o poi anche il mio momento italiano. Non saprei darti una risposta, anche sulla base di quel che ti dicevo prima. A me personalmente piace suonare per un pubblico genericamente interessato e disponibile ad aprirsi senza preconcetti. Non mi piacciono invece le situazioni in cui ci sono gli esperti che fanno comparazioni tra musiche, stili ed artisti (esercizio assurdo, non è mica uno sport) sulla base delle loro personali aspettative e gusti particolari. La musica va ascoltata e basta, per quel che è. Coinvolge o non coinvolge, dice o non dice, è un rito ed un piacere, non certo un esercizio intellettuale per il quale bisogna prepararsi e studiare per capire. Senza per questo dover essere commerciali o “pop”. Riguardo alla reperibilità dei miei lavori discografici in Italia, ormai la figura del distributore sta scomparendo ed anche i negozi di dischi vecchio stile, e la tendenza ormai sempre più consolidata è quella di rendere i prodotti disponibili sulle piattaforme on-line, a volte addirittura soltanto in download. Da questo punto di vista, la mia casa discografica spicca in positivo, essendo tutti i miei Cd reperibili (sia come Cd fisico che come download) sulle maggiori piattaforme online, comprese Amazon, Cd baby, Cd Universe, Spotify, Pandora ecc. Per cui, nessuna privazione per il pubblico italiano, anzi, i miei Cd sono facilmente reperibili ed ordinabili online e, se si vuol andare direttamente alla fonte, al sito della JMood: www.jmoodrecords.com».
Magris ha scelto di utilizzare il jazz quale mezzo per tradurre sul suo strumento musicale quel che la sua umanità è in grado di prendere dai diversi mondi superiori, della bellezza, dell’arte, dell’armonia, della verità. E, naturalmente, il jazz è il suo linguaggio e la sua tradizione musicale, ed il fatto che sia europeo non gli ha mai condizionato né impressionato significativamente. Peraltro, in questo sono in buona compagnia, basti pensare ai tanti musicisti nati in Europa che poi sono entrati a far parte della storia del jazz (ad esempio, il viennese Josef “Joe” Zawinul, leader dei Weather Report).
Da ascoltare The MHU Trio – Prague After Dark ed il Roberto Magris Sextet Live in Miami
Antonino Ianniello