Disraeli Gears è il secondo album dei Cream che li porterà ad entrare o meglio ancora a scrivere la storia del Rock. Fu registrato dall’8 al 19 maggio e rilasciato nel novembre 1967 dalla Polydor nel Regno Unito e dalla ATCO negli Stati Uniti. La copertina è un’icona dell’ arte psichedelica delle fine degli anni 60, l’artwork fu curato dall’artista australiano Martin Sharp che lo renderà famoso e che farà entrare Disraeli Gears nell’olimpo degli artwork più belli e conosciuti del rock.
Se è vero che le diverse influenze dei tre aveva impedito loro di esprimere appieno il proprio potenziale in Fresh Cream , è altrettanto vero che in Disraeli Gears quelle stesse diversità caratteriali e stilistiche consentiranno alla band di esprimersi appieno e mettere a punto quel caratteristico sound che li ha elevati a divinità del blues- psychedelic-rock. Contemporaneamente Jack Bruce stava lavorando con Pete Brown, autore di alcuni dei testi presenti nel disco e questo fa già ben capire il motivo per cui il prodotto che uscì da quelle registrazioni fu nettamente di alto livello.
L’altro catalizzatore creativo è stato Felix Pappalardi, co-scrittura sia di World Of Pain, sia di Strange Brew. Per quanto riguarda quest’ultimo brano, a Pappalardi va il merito di aver aiutato la band a trasformare il blueswailing Lawdy Mama nell’ elastico Strange Brew. A condire il tutto ci pensa la chitarra di Clapton, che dopo esser stato esposto agli effetti pesanti di Jimi Hendrix e il suo uso pesante del wah-wah, dà a Disraeli Gears la giusta quantità di stranezze, rendendo questo disco forse l’LP più sperimentale che abbia mai fatto. La resa di Ginger Baker in Mother’s Lament è la ciliegina sulla torta, che serve a consacrare questo disco come pietra miliare del blues-rock e più in generale della storia del rock.
L’album si apre con Strange Brew, che in origine doveva chiamarsi Lawdy Mama e stando a quanto disse Clapton, era nata come un blues rettilineo e grazie all’aiuto di Felix Pappalardi, da semplice brano blues era diventato qualcosa di diverso, più psichedelico e meno definibile. Fu scritta da Eric Clapton, Gail Collins e Felix Pappalardi.
Si prosegue poi con quello che invece può essere considerato come il capolavoro indiscusso dei Cream, un brano tanto semplice quanto geniale e che non solo è divenuta la traccia principe della band, ma anche una delle canzoni Rock più ascoltate della storia. Il suo intro così inconfondibile, il ritornello orecchiabile e le scale cromatiche messe in piedi, fanno di questi minuti alcuni dei più importanti della storia. Stiamo parlando di Sunshine of your Love. Questo brano si apre con quattro giri, due puliti e due distorti, in cui Bruce doppia perfettamente le linee di chitarra tracciate da Eric, ovviamente su tonalità più basse. Il tutto sostenuto dalle percussioni di Baker, per un risultato finale che sa di psichedelica magia musicale. Bruce si distingue anche per la prestazione vocale, indubbiamente una delle migliori che abbia mai fatto. Clapton e Baker fanno il resto: il primo con uno dei suoi solo più memorabili, entrato anche esso a pieno diritto nella storia del Rock, ed il secondo con il suo stile crudo, forse un po’ rude, ma con una precisione e una pulizia del suono , che rendono questo brano dei Cream un punto di riferimento anche per i batteristi.
Segue World of Pain, un brano che potremmo definire in balìa del basso di Jack Bruce, che gli conferisce un tono intimistico, quasi autobiografico, come se il bassista scozzese si raccontasse attraverso il suo groove. Inizia come una ballata, in stile anni cinquanta, ma con progressioni di basso molto interessanti e sfumature di chitarra wah-wah, prima di evolversi e sviluppare un sound tipicamente anni sessanta, più armonizzato nel coro; il comparto progredisce seguendo praticamente la stessa struttura, accompagnata dai cori che gli danno quel tocco acido che ormai permea tutto l’album.
La quarta traccia Dance the Night Away, breve cavalcata psichedelica, con il basso di Bruce che cuce incantati arabeschi mentre la chitarra di Clapton, che sembra quasi imitare il suono di un sitar, fa da contralto per tutta la durata della canzone.
Segue un brano scritto da Ginger Baker: Blue Condition. Esso si apre con 4 accordi di chitarra, poi si entra subito nel vivo di questa traccia che risulta nell’insieme divertente e ironica: una cantilena burlesca, un ondeggiare continuo tra country e blues, in cui anche la voce di Jack Bruce sembra ondeggiare tra alti e bassi, dando quasi l’idea di un ubriaco che cammina per strada, cantando una filastrocca oscena sentita chissà dove.
Il lato B si apre con Tales Of Brave Ulysses, con testi ispirati all’ Odissea di Omero, e scritto dall’artista Martin Sharp. Questo melodrammatico tema musicale alterna la propria narrazione tra calma, parti vocali minimaliste ed altri momenti in cui si ha una sorta di marmellata sonora, fondendo fra loro diversi stili, ritmi ed influenze. Clapton si da agli uptime senza troppi problemi, andando a toccare sia le radici Blues della band, che quelle contaminazioni pyshc ormai parte integrante di Disraeli Gears. Con lenta progressione invece si evolte il basso di Bruce, rendendo l’effetto complessivo molto singolare; una specie di eco sonoro che man mano si espande sempre di più, e vanno al contempo ad intersecarsi col resto della strumentazione. I riverberi della chitarra di Clapton vengono infiammati dall’imponente drumming di Baker che qui finalmente inizia un po’ a uscire dalle righe, mentre nell’assolo finale il già menzionato effetto wah-wah tocca epiche vertigini. Ginger infatti qui, forse molto più che in altri brani del disco, da libero sfogo alla propria fantasia da batterista Jazz, e tempi dispari, rullate, stop & go la fanno da padrone mentre la canzone procede.
Andando avanti troviamo SWLABR, che con le sue accelerazioni supersoniche regala molti spunti per tutti gli amanti dell’hard-rock. La settima traccia è per molti versi una delle più interessanti del disco, infatti, sebbene non presenti una struttura particolarmente complessa, il suo ritmo sostenuto, il groove e le linee di chitarra quasi dissonanti rispetto al resto fanno di questo brano uno dei più avvincenti e piacevoli del disco.
L’ottava traccia è We’re Going Wrong. Se prima di tutto questo abbiamo avuto svariati esempi della genialità che i Cream sapevano esprimere, sia in studio che live, questo risulta essere uno dei brani più affascinanti di tutto il disco, se non forse il più affascinante in assoluto: si tratta sostanzialmente uno spettrale raga-blues straniato dal crescendo febbricitante dei tamburi, misti ai timpani e dal canto di Bruce. La chitarra di Clapton, invece, è piuttosto latitante, la si sente emergere solo in alcuni punti , come a sottolineare alcune parti del testo, aumentandone di pathos e l’aria quasi mistica del canto di Bruce.
Segue Outside Woman Blues, un blues standard, più precisamente una cover di un pezzo scritto nel 1920 da Arthur Blind Willie Reynolds, che Clapton rivisita in un chiave più rock. Outside Woman Blues è uno dei pochi brani contenuti in questo secondo lavoro dei Cream in cui il trio sfodera la sua maestria nelle blue note. E’ un blues più roccioso, più rude.
A seguire troviamo un altro pezzo blues: Take it Back, è un altro brano blues-rock, ma risulta per così dire più campestre, grazie all’uso dell’ armonica, che gli dà un’aria anche un po’ country. L’apertura di questo brano è un po’ particolare, infatti è inizialmente giocato su due note sincopate, poi poco prima dell’attacco della voce, Eric e Jack eseguono una parte di una scala blues classica. Qui Jack Bruce si fa in tre, canta, suona il basso e anche l’armonica . Baker rimane, invece, un po’ in disparte. La precisione con cui detta il tempo è senz’altro un elemento che arricchisce questo blues molto piacevole, ma si può dire che qui si limita a fare il suo mestiere e poco altro.
L’ultima traccia: Mother’s Lament è un brano tradizionale, quasi una ninna nanna. Si apre con le voci dei tre musicisti che contano il tempo. Da un punto di vista strumentale, questo brano non offre grossi spunti . Infatti è un pezzo acustico, dove Jack Bruce e Eric Clapton cantano in coro come un gruppo di amici ubriachi dopo esser stati buttati fuori dal bar. Il tutto con un accompagnamento musicale scarno costituito da pochi accordi al pianoforte e qualche geniale incursione della batteria. Eppure nel suo scarso minuto e quaranta secondi, quest’ultima traccia riesce a lasciarci un gradevole sapore in bocca, dando vita ad un balletto di psichedelica energia mentre la stiamo ascoltando, pur rimanendo una struttura scarna e terribilmente semplice se pensiamo ad altre tracce presenti sul disco.
Prima della sua morte nel 2013 Sharp è stato associato con la produzione di copie litografiche della copertina originale in una serie di stampe in edizione limitata firmate e non firmate. Nel 1999, l’album è stato inserito nella Grammy Hall of Fame. Nel 2003 l’album è stato classificato n. 114 sulla lista di Rolling Stone dei 500 migliori album di tutti i tempi. Nel 2004 fu pubblicato Disraeli Gears Deluxe Edition, il quale comprende l’album completo sia in mono che in stereo, demo, versioni alternative e brani tratti da sessioni live della band alla radio BBC. Nell’enorme pack era compreso anche un inedito di Blue Condition con Eric Clapton alla voce solista, e demo delle canzoni Strange of Hermiston e The Clearout che non sono stati rilasciati fino al primo album solista di Jack Bruce. L’originale album di 11 tracce è stato rimasterizzato da Joseph M. Palmaccio alla PolyGram Studios nel 1998, corredato di fotografia e bonus track che accompagnano le tracce originali. Disraeli Gears rimane un caposaldo della musica rock, che ha influenzato moltissimi gruppi.
Tracce:
1) Strange Brew
2) Sunshine Of Your Love
3) World Of Pain
4) Dance The Night Away
5) Blue Condition
6) Tales Of Brave Ulysses
7) SWLABR
8) We’re Going Wrong
9) Outside Woman Blues
10) Take It Back
11) Mother’s Lament
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Formazione:
Eric Clapton: chitarra solista, chitarra ritmica, voce, cori
Jack Bruce: basso, armonica a bocca, voce, cori
Ginger Baker: batteria, percussioni, voce
Oscar Adinolfi