10 novembre 2021 – La previsione della somministrazione di una terza dose di vaccino accende, ancora una volta, i
riflettori sulla privacy e rende necessario l’intervento del Garante.
Alla base di questa nuova “querelle” le affermazioni di Guido Bertolaso, coordinatore della
campagna vaccinale della Lombardia, rilasciate a margine di un evento organizzato presso
l’Ambasciata di Israele a Roma, secondo il quale la privacy limiterebbe la possibilità di chiamare e
sollecitare gli assistiti alla somministrazione della terza dose di vaccino.
Ancora una volta la privacy viene additata di essere inutile ostacolo che rallenta o impedisce attività
di vario genere, invocando, per contro, le molteplici attività di marketing che “subiamo”
quotidianamente (secondo quanto riportato dalla stampa le parole di Bertolaso sarebbero: “Il Green
Pass è la punta dell’iceberg di un dramma che si chiama privacy: ma di che cosa stiamo parlando,
veniamo ascoltati e chiamati per qualsiasi pubblicità e poi non possiamo neanche chiamare
direttamente le persone per sollecitarle a fare la terza dose perché violiamo la privacy. Non fatemi
parlare di privacy perché altrimenti rischio qualche denuncia”).
Emerge in maniera evidente e incontrovertibile come, per l’ennesima volta, la privacy viene
invocata a sproposito, facendo confusione tra aspetti che devono essere considerati in modo
autonomo perché concettualmente diversi.
È dovuto intervenire, quindi, il Garante per fare chiarezza e per ribadire, ancora una volta, che nel
caso di chiamate per la somministrazione della terza dose di vaccino non si viola la privacy.
Nel comunicato del 5 novembre [doc web 9715558] si legge testualmente “
L’Autorità ribadisce
quindi che le iniziative volte a promuovere la vaccinazione siano realizzate attraverso gli operatori
del Servizio sanitario nazionale, coinvolgendo, auspicabilmente, i medici di medicina generale, a
cui è nota la situazione sanitaria degli assistiti, anche riguardo ad aspetti che sconsigliano la
vaccinazione in assoluto o temporaneamente. L’Autorità ricorda infatti che, a tutela della
riservatezza degli assistiti, le iniziative per promuovere e sollecitare la terza dose di vaccino, non
possono avvenire attraverso altri organi o uffici amministrativi regionali o comunali
”.
Nessuna violazione della privacy, quindi, per il richiamo per la terza dose di vaccino.
Come anticipato, inoltre, la necessità di contattare i cittadini per la somministrazione della terza
dose non può in alcun modo essere equiparata alle
chiamate
“per qualsiasi pubblicità”
.
Queste ultime, infatti, rientrano tra le attività di marketing per le quali l’utente deve aver fornito il
proprio consenso e, nell’ipotesi in cui l’attività venga effettuata senza questa indispensabile base
giuridica, l’operatore è esposto alle sanzioni previste dal Regolamento europeo (l’art. 83 prevede
sanzioni amministrative fino 20 milioni di euro o al 4% del fatturato annuo).
Chissà da dove deriva quel consenso che, ipotizziamo sia un’attività lecita, consente all’operatore di
chiamarci
“per qualsiasi pubblicità”.
Abbiamo letto le condizioni di contratto? Abbiamo letto le
privacy policy dei siti che consultiamo? Delle app che utilizziamo? Cosa abbiamo accettato? Lo
sappiamo? La risposta è negativa. Non lo sappiamo perché non leggiamo, non ci fermiamo e non
prestiamo la dovuta attenzione alla tipologia di dati che forniamo e alle finalità per le quali verranno
utilizzati. Salvo poi lamentarci se riceviamo “
qualsiasi pubblicità”
e invocare la violazione della
privacy a giustificazione di comportamenti errati di cui siamo noi i principali artefici.
Federica De Stefani, avvocato e responsabile Aidr Regione Lombardia