24 aprile 2022
Il comparto calzaturiero italiano conta circa 4.100 aziende e 72.000 addetti (dati anno 2020), un saldo commerciale da sempre attivo e un fatturato annuo complessivo che nel 2019, pre-Covid, era attorno ai 14,3 miliardi di euro. Il settore rappresenta una realtà di estrema rilevanza quali-quantitativa nell’economia italiana.
Partiranno oggi e lunedì alla volta di Mosca, sfidando l’Europa e le sanzioni, per vendere le scarpe e cercare di far sopravvivere le proprie aziende. Sono gli imprenditori che attraverso la Serbia, la Turchia o Dubai arriveranno nella capitale russa per partecipare alla fiera Obuv Mir Kozhi in programma da martedì 26 a venerdì 29 all’Expocentre.
Sono 48 le aziende di calzature, pelletteria e abbigliamento italiane che hanno confermato la loro partecipazione, di cui 31 provenienti dalle Marche, soprattutto dal Fermano. Sono quelle imprese che non possono fare a meno del mercato russo e nonostante la situazione, i rischi, le incognite, i costi molto più alti che in passato per la logistica e il viaggio, e un futuro ancora molto incerto, hanno deciso di affrontare il viaggio della speranza. Perché il business non si ferma; il business va avanti. A fatica ma va avanti, cercando di superare guerre e sanzioni. Al fianco degli imprenditori ci sarà Assocalzaturifici che collabora con Bologna Fiere, ente organizzatore dell’appuntamento fieristico moscovita.
«Non abbiamo alternative al mercato russo che ci è stato chiuso dalla sera alla mattina. Ne abbiamo bisogno» afferma Marino Fabiani, imprenditore calzaturiero di Fermo, ormai simbolo del distretto calzaturiero marchigiano ferito, il più penalizzato in Italia dalle sanzioni commerciali che Usa e Occidente hanno applicato alla Russia.
Un distretto che, finora, la politica ha completamente abbandonato. Non solo. Da un lato c’è la Regione Marche che, come da programma, incentiva la partecipazione degli imprenditori alla fiera di Mosca elargendo dei contributi, dall’altro lato ci sono le sanzioni per impedire un regolare commercio con la Russia.
Ciò che più ostacola l’export verso la Russia è il blocco dei flussi di denaro e l’impossibilità da parte dei clienti di far arrivare i soldi in Italia. E se si trova una strada, il suo percorso è tortuoso e molto costoso.
«Andiamo a Mosca con la speranza che tra qualche mese si sblocchi qualcosa a livello di incassi» conferma Marino Fabiani che poi prosegue: «Gli ordini che raccoglieremo a Mosca potrebbero rivelarsi carta straccia perché se non arriveranno gli acconti, se non saremo sicuri di incassare, non metteremo in produzione le scarpe». (Fonte: Corriere Adriatico)
Redazione